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L'ABBANDONO DEI METALLI |
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All’inizio del rituale di Iniziazione i metalli vengono ritirati al
recipiendario per essergli poi restituiti dopo essere stato costituito e
creato massone dal Mastro Venerabile. Tale ritualità dell’abbandono dei
metalli è attestata in documentazione massonica risalente alla prima
metà del XVIII secolo.
Simile ritualità è altresì richiamata durante i nostri lavori nella
quale siamo invitati ad abbandonare i metalli prima di entrare in Tempio
per poi riappropriarcene alla fine dei lavori.
Prima di domandarci il significato di simbologia, è da notare che simili
rituali di abbandono/spoliazione dei metalli sono presenti in numerosi
racconti mitologici e tradizioni esoteriche fin dall’antichità.
Il più antico riferimento relativo all’abbandono dei metalli è il mito
babilonese in cui la dea Ishtar (dea terrificante della guerra ed al
contempo benefica protettrice della fertilità) compie un viaggio di
discesa nelle viscere infernali nel quale abbandona uno dopo l’altro i
“metalli”, cioè i paramenti e gioielli di cui era adorna, per superare i
sette sbarramenti della città infernale, prima di apparire, nuda,
davanti alla sorella, sovrana del regno dei morti. Dopo aver affrontato
la sorella, morendo e risorgendo, ritorna sulla superficie terrestre
riappropriandosi dei suoi averi. Gli antichi popoli mesopotamici
collegavano il viaggio discendente di Isthtar al periodo
autunnale/invernale mentre la successiva risalita al periodo
primaverile/estivo.
Nella tradizione Ebraica, invece, più che un riferimento all’abbandono
dei metalli, sono presenti riferimenti a prima vista “negativi” su
questi ultimi, in particolare quando, in epoca ancora nomadica, viene
ribadito come le pietre per gli altari dovessero essere "intere" e "non
toccate dal ferro" oppure relativamente alla costruzione del Tempio di
Gerusalemme, per cui viene descritto come "le pietre furono portate
tutte come dovevano essere, così che, nella costruzione della casa non
abbiamo sentito né martello, ascia, né alcun attrezzo di ferro”.
Si rinvengono ancora nelle speculazioni di Guénon asserzioni sul fatto
che il ruolo dei fabbri, cioè degli artigiani dediti alla lavorazione
manuale dei metalli, sia stato spesso associato alla pratica della magia
“inferiore” e “pericolosa” ricordando come tradizionalmente essi abbiano
avuto una valenza sostanzialmente “negativa”.
Sempre il Guénon nota nella tradizione esoterica, l’associazione dei
sette metalli con i rispettivi pianeti astrali come fossero una sorta di
"pianeti del mondo inferiore". Tuttavia tali pianeti inferiori,
differentemente dagli stessi pianeti superiori da cui ricevono e
condensano le influenze (dunque ricevono un aspetto "benefico") essi
rifletterebbero un aspetto "malefico".
Contrariamente a quanto sopra riportato, è pero noto che la metallurgia,
in alcune forme tradizionali, era invece particolarmente esaltata e
persino serviva come base per organizzazioni di iniziazione, il cui più
noto esempio è dato dai misteri dei Kabiri che invece facevano ampio uso
dei metalli nella loro ritualità.
Ancora, basta osservare come i metalli non sono del tutto identificati
come negativi nella tradizione Ebraica, in quanto Jachin e Boaz stesse e
vari ornamenti del complesso templare sono realizzati interamente i
metallo. Inoltre, si può notare come la parola ebraica
ברזל
(Barzel) che significa “ferro”, metallo, è composta dalle iniziali delle
quattro mogli di Giacobbe (Bila, Rachele, Zilpah e Leah), madri delle
dodici tribù di Israele, le quali, secondo la tradizione ebraica,
proteggono dalle forze del “male” grazie alle loro virtù spirituali.
Per non parlare ancora dell’esempio più lampante di utilizzo “positivo”
dei metalli nell’arte Alchemica nella quale l’intero simbolismo di
lavorazioni chimiche è finalizzato al portare il piombo in oro.
Ripercorrendo quanto sopra esposto, perché tale dualità
nell’interpretazione dei “metalli”? Perché la necessità di
spogliarsene/abbandonarli? Cosa sono dunque i metalli? Facendo
attenzione sull’ uso che l’uomo fa degli stessi, la loro simbologia
diventa più chiara.
Come sempre osserva il Guénon, un profano, tramite l’uso meramente
materiale dei metalli interrompe la comunicazione dei metalli con i
rispettivi principi superiori, spogliandoli del loro possibile uso
elevato e dunque le corrispondenti influenze inferiori, spogliate della
loro controparte duale, agiscono liberamente al solo scopo di
“abbassare” il profano nel mondo della “quantità” anziché elevarlo ad un
mondo della “qualità”. Un iniziato, invece, usandoli in modo
effettivamente rituale può "trasmutare" e "sublimare" le proprietà dei
metalli che possono dunque diventare un forte supporto spirituale.
Anche secondo un’interpretazione spagirica, che associa i metalli a
differenti parti del corpo umano, abbandonare i metalli simboleggia
l’abbandono della corporeità e dunque il dedicarsi liberamente alla
spiritualità. Dunque, "abbandonare i metalli" è un modo per ricondurci
allo stato naturale, spirituale, ed abbandonare la cosiddetta civiltà
con tutto ciò che comporta di artificiale.
Tuttavia, non bisogna cadere nell’errore di interpretare come metalli
solamente beni tangibili quali il denaro o beni rappresentanti uno
“status symbol”, ma anche le costrizioni sociali dovute al nostro posto
nella cosiddetta società e soprattutto ma soprattutto i preconcetti
mentali, pregiudizi, presunzioni mentali ci impediscono di compiere il
personale cammino verso la Verità.
In vista di quanto prima detto, è dunque evidente come abbandonare i
metalli voglia dire spogliarsi delle apparenze e delle visioni distorte
indotte dal mondo nel quale operiamo, togliere il velo davanti ai nostri
occhi per raggiungere uno stato di conoscenza superiore, tentare di
intravedere la luce nelle scorze entro le quali è contenuta.
Tuttavia, come ricordato all’inizio della tavola i metalli vengono poi
restituiti all’iniziato cosi come a ciascuno di noi è chiesto di
riappropriarcene alla fine dei nostri rituali. Perché?
Il massone, spogliandosi dei metalli deve acquisire, grazie ad un
processo di “Solve et Coagula” la capacità di riscoprirne le
potenzialità muovendosi tra i due influssi opposti da essi forniti ed
utilizzare i metalli a sua disposizione per lavorare nel mondo verso il
bene ed il progresso dell’umanità.
L’etimologia stessa della parola “abbandonare” deriva dal francese
medievale indicante il “liberarsi da una condizione di costrizione”.
Parimenti dunque il massone, deve abbandonare i metalli per liberarsi
dai Vizi che ne sarebbero portati da un loro uso errato per perseguire,
attraverso le loro potenzialità, il cammino verso le Virtù.
Un ultimo spunto di riflessione in chiusura di questa tavola, collegata
al doloroso periodo storico che stiamo attraversando in cui un virus ha
tolto brutalmente il velo alla condizione precaria della nostra
corporeità, alla spasmodica ricerca della “quantità” della nostra
società. Quanto tale esperienza ci sta mostrando con asprezza quanto sia
veramente necessario abbandonare davvero i metalli da cui siamo
volontariamente ed involontariamente influenzati per ricalibrare la
nostra personale rotta di vita, e con questa il viaggio dell’umanità
verso il suo Bene ed il suo Progresso?
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