Sufi e Massoni nascita di un idillio di Gabriel Mandel Khan

Chi sono i Sufi? Sono i mistici dell' Islâm, divisi in più confraternite a seconda delle correnti interpretative della mistica via dell' ascesa a Dio. Sorte dalla lettura culturalmente progredita del Corano precipua degli Iraniani in unione con tecniche filosofico-sciamaniche dei Turchi, le correnti sufiche nacquero nell' Asia centrale, e dai Turchi vennero diffuse in tutto il mondo islamico. Nel mondo turco emersero ordini che promossero correnti mistiche ricche di pensatori eminenti; presso gli Arabi e alcune popolazioni arabofone le confraternite dei Sufi degenerarono in correnti politiche integraliste o di bassa spettacolarità a carattere magico.

Tra i sufi di maggiore importanza il persiano Hallaj, che scrisse pagine di grande afflato mistico, e che venne crocefisso dagli integralisti nel 922; il turco Ibn Sinâ, noto in Europa come Avicenna (9801037), nato in Uzbekistân, che fu uno dei maggiori medici del Medio Evo (i suoi testi influirono considerevolmente anche sulla formazione della medicina europea); il turco afghano Birunî (9731048), grande maestro di scienze positive, astronomo, medico, farmacologo e matematico; l' insigne teologo Ghazalî (1058-1111), nato a Tus, nel Khorasan a quel tempo provincia dell' impero turco dei Selciukidi, paragonato in Europa a sant' Agostino, a san Tomaso d' Aquino, a Lutero; il grande matematico persiano Omar Khayyam (1048-1131), celebrato in Europa anche per le sue libere e concettose quartine; il teologo e poligrafo andaluso Ibn âl`Arabî (1165-1240), che seppe conciliare i contrasti fra tradizionalismo e misticismo; e infine Jalal âlDîn Rûmî (12071273), nato a Balkh, in Afghànistàn, e fondatore a Konya (Turchia) dell' ordine dei Mevlevî.

Un grande iniziato, Dhû âlNûn l' Egiziano (771-860), sufi ed alchimista, (allievo della mistica turca Fàtima di Nishapur (?-838), a sua volta moglie del grande mistico turco âlBalkh), studiò e tradusse testi egizi. Fondò la Loggia esoterica di Menfi. L' esoterismo turco d' origine sciamanica e quello egizio di Ermete Trismegisto si unirono così in quella che fu una delle basi organizzative della pratica esoterica sufica. Grazie a questi maestri furono tradotti in arabo (lingua ufficiale dell' Islàm come lo fu il latino per la Chiesa cattolica) i testi ermetici scritti fra il I° e il IV° secolo portatori del senso profondo delle tradizioni esoteriche dell' Egitto, della Grecia e della Persia. In particolare il Poimandro, attribuito ad Ermete Trismegisto. Molta trascendenza mistica del Sufismo si basò, all' origine, su La Legge di Ermete tradotta in arabo. Altri otto testi in arabo si dichiarano traduzioni di Ermete Trismegisto, e furono studiati o commentati da Dhû âlNûn âlMisrî (-859), Kharraz (-899), Hallaj (857-922), Suhrawardî (1155-1191).

La tradizione islamica ha collegato Ermete a Enoch, che è presente nel Corano sotto i tratti del profeta esoterico Idrîs. Idrîs, con l' appellativo di Khidr (il Verde) è l' iniziatore segreto dei grandi maestri sufi. Altro iniziatore alchemico è nel Corano il profeta Salomone. Da Pitagora invece i sufi trassero la scienza dei numeri (abjad) e la "sezione aurea" che applicarono egregiamente nelle loro costruzioni (ne sono esempio in Turchia le costruzioni selciukidi dall' XI° al XIII° secolo). Dirò per inciso che i testi greci di scienza e di esoterismo furono conosciuti in Europa non dagli originali greci ma dalle traduzioni in arabo che ne fecero i sufi. Il Sufismo è costituito in Ordini, o Confraternite. Confraternite ben organizzate sin dal X secolo. Un Maestro venerabile, due luci, un copritore esterno, e gli adepti, che si distinguono in apprendisti (murid), compagni (`arîf: iniziato) e maestri (shaykh). Si riuniscono in una tekké, o zawiyya, o dergah: una Loggia, insomma; per solito il lunedì sera per le discussioni in comune e l' insegnamento evolutivo, spesso sulla lettura di tavole lasciate da grande Maestri del passato; il giovedì sera per il rituale del dhikr: la Rammemorazione di Dio.

Per entrare nell' ordine, il neofita si sottopone a una iniziazione, che comporta anzitutto il ritiro (khalwa) in un gabinetto di meditazione, ritiro che a seconda degli Ordini va dai tre ai quaranta giorni. Riceve allora la parola segreta di rito, i passi e le insegne del suo lavoro. Presso i Bektashi l' iniziando è condotto nella loggia con una corda al collo (tigbend) e ricevuto, è cinto dal grembiale (peshtemal), che viene mutato ad ogni aumento di salario. Gli Ordini in generale hanno accolto sin dal XII secolo il neoplatonicismo attraverso l' ermetismo e la tradizione alchemica (figlia maggiore dell' Islàm appunto) assumendone i simboli, e questo è del pari avvenuto nella Massoneria, soprattutto attraverso l' influsso diretto di Giordano Bruno.

Dhû âlNûn âlMisrî (?-859) organizzò la propria Loggia sul modello della Kaaba della Mecca: al centro un altare cubico; in fondo il trono del Maestro, che indica il grande oriente da cui sorge la luce, simile alla nicchia del mihrab che in ogni moschea è volto alla Mecca; ai lati dell' ingresso le due luci, all' ingresso le due colonne del diwan, Jakim e Boaz. I lavori si aprono idealmente a mezzogiorno e si chiudono idealmente a mezzanotte. I parallelismi non si limitano qui. In tutta la letteratura dei maestri sufi, ricchissima, si trovano concetti, simboli, rituali, che possono essere accostati a concetti, simboli e rituali massonici. L' elenco sarebbe troppo lungo: rinvio, per un più ampio accenno, quanti vogliono iniziare l' accostamento ideale, al mio libro pubblicato oramai vent' anni or sono Il Sufismo vertice della piramide esoterica (SugarCo, Milano 1977); e al libro di Idries Shah I sufi e l' esoterismo.

Si consideri che per la Storia della Massoneria in Oriente dal XVIII° al XX° secolo i testi sono numerosissimi: fra libri, articoli e tavole pubblicate superiamo i trecento titoli. Comunque uno dei simboli e degli argomenti di discussione e di meditazione più formale dei Sufi, presente nelle iniziazioni e tema di tutto l' Ordine fondato da Sihrawardî è la Luce; sulla base dei versetti coranici della Luce che emana da Dio: (24°35-42), che espongo qui per intero:Dio è la luce dei cieli e della terra. La Sua luce è come una nicchia in cui si trova una lampada. Lampada in un vetro; il vetro è simile a una stella lucente. Questa lampada arde grazie a un albero benedetto: un olivo che non viene né da Oriente né da Occidente e il cui olio si accende senza che fuoco lo tocchi.



Sufi e massoni la luce esoterica


Luce su luce. Dio guida alla Sua luce chi Egli vuole. Dio propone agli uomini parabole. Dio conosce ogni cosa. Questa lampada si trova in case che Dio ha permesso d' innalzare; case ove il Suo nome è invocato, ove uomini celebrano le sue lodi all' alba e al crepuscolo. Nessun commercio, nessun affare li distraggono dal ricordo di Dio, dalla preghiera e dall' elemosina. Temono il Giorno in cui i cuori e gli sguardi saranno sconvolti, e, così, Dio li ricompenserà per le migliori fra le loro azioni, ed aumenterà loro la Sua grazia. Dio provvede senza lesinare ai loro bisogni, com' Egli vuole. Le azioni degli increduli sono simili a un miraggio nel deserto. Colui che ha sete crede di vedervi l' acqua, ma quando vi arriva non la trova; troverà Dio che gli salderà il conto. Dio è sollecito nei suoi conti.

O sono paragonabili alle tenebre su un mare profondo: un' onda lo copre, sulla quale sale un' altra onda; e al disopra nuvole. Tenebre accumulate le une sulle altre. Se qualcuno tende una mano, può vederla appena. Colui al quale Dio non dà luce, non ha luce. Non ti accorgi che tutto ciò che si trova nei cieli e sulla terra, e gli uccelli che tendono le loro ali celebrano le lodi di Dio? Dio conosce la preghiera e le lodi di ciascuno d' essi. Dio sa perfettamente quel che fanno. Il dominio dei cieli e della terra appartiene a Dio: e tutto alla fine torna a Dio. Il cammino del sufi è dal buio alla luce, attraverso stati intermedi. Il sufi opera emblematicamente sul proprio io, che da pietra grezza diventa pietra levigata e squadrata, sino a giunger al grado di uomo perfetto : âlInsân âlKâmil, attraverso varie tappe, che in linea di massima sono trentatrè (ma vanno dalle sette alle cento a seconda delle Confraternite). Ciò non grazie alla morale, ma grazie all' etica.

E così dunque qual tipo di etica è quello propugnato dal Sufismo? Con quale simbologia e con che tipo di iniziazione il concetto viene veicolato? Il sufi non impone la sua linea di condotta etica con la forza. Ciò sarebbe contrario all' indicazione coranica di "nessuna costrizione in fatto di religione". L' insegnamento del sufi risiede tutto nell' esempio fornito dal suo comportamento secondo il motto di base: "Nel mondo, ma non del mondo". Lo sforzo (il jihad, termine erroneamente tradotto in occidente con "guerra santa", quando il termine "guerra santa" âlHarâm âlMuqâtala non è mai citato dal Corano, per il quale nessuna guerra è santa anche se fazioni sedicenti musulmane ne usano oggi per i loro scopi politici e assolutamente anticoranici), il jihad, dicevo, è sforzo dell' uomo per convertire se stesso da pietra grezza a pietra levigata.

D' altronde l' etica dei Sufi come giustamente osserva il giudice Said âl Ashmawî, un grande giurista islamico contemporaneo, recita che la religione non può essere utilizzata come politica poiché la religione eleva mentre invece la politica corrompe, limita, divide, uccide. Non si può accettare una formula religiosa spinti dall' ignoranza, dalla paura o dal preconcetto. La vera religione nel nostro caso l' Islâm vero si basa su due principi: fede in Dio e rettitudine nei comportamenti. Ciò si consegue solo con la penetrazione dell' etica. L' etica del Sufismo è da secoli impegnata in questo conseguimento, e si propone come risoluzione della ricerca di identità dell' Islâm che nelle plurime e a volte perfino aberranti o inquinate manifestazioni oggi rischia di allontanarsi dai precetti coranici così come ne sono lontani (pur proclamandosi invece musulmani) vari capi di Stato del periodo attuale.

Il sufismo avvicina l' uomo a Dio attraverso l' avvicinamento dell' uomo a tutti gli altri uomini, grazie alla tolleranza per ogni pensiero differente dal proprio, al rispetto per l' individuo ma anche per i suoi diritti e per il suo ambiente. Sin dal XII° secolo i Sufi hanno propagandato il motto "libertà, eguaglianza, fratellanza". Questo nonostante le persecuzioni da parte di dittatori, ulema corrotti, teologi limitati. Persecuzioni che sono state esemplate dalla figura di âlHallaj, uno dei poeti mistici più eminenti dell' umanità tutta. "La dottrina sufi è offerta all' essere umano la cui mente è confusa, come una conoscenza teorica della struttura della realtà e della posizione che in essa l' essere umano occupa.

Il labirinto delle contraddizioni, paralogismi, ambiguità le trappole intellettuali che caratterizzano certo pensiero moderno sono il massimo ostacolo alla vita dell' anima, e possono venir risolti solo attraverso l' esperienza etica, quella dei sufi ad esempio, che libera dalle scorie del contingente e del molteplice". Rûmî scrisse: "Le vie sono diverse, la meta è unica. Non sai che molte vie conducono a una sola meta? La meta non appartiene né alla miscredenza né alla fede; lì non sussiste contraddizione alcuna. Quando la gente vi giunge, le dispute e le controversie che sorsero durante il cammino si appianano; e chi si diceva l' un l' altro durante la strada "tu sei un empio" dimentica allora il litigio, poiché la meta è unica". Questo non è solo il superamento della religione, ma il "rispetto" d' ogni religione, come insegna lo stesso Corano.

Non vi è infatti altro testo sacro che parli così diffusamente e in modo tanto aperto dell' universalità di tutte le religioni; e ancora una volta si dimostra che i vari emiri, re e dittatori che interpretano i versetti del Corano a loro stretto beneficio momentaneo e si pretendono musulmani, in effetti sono ben lungi dall' esserlo. In definitiva, nell' ambito della questione etica, possiamo riconoscere al sufismo la risoluzione della dialettica fra il particolare e l' universale. E' allo stesso tempo chiusura iniziatica e confronto universale. Dalla iniziazione rituale iniziale dell' individuo giunge a porsi come ideale regolamentatore di una società universale. Non per nulla Assaf Hâled Çelebi (Parigi 1987) definì il Sufismo "il rifugio degli spiriti liberi contro il fanatismo devastatore dei dogmatici".

Il materialismo storico ha mostrato le sue grandi incongruenze; la civiltà dei consumi ha prodotto mostri di violenza e ci ha portato ad uno stato fallimentare di degrado etico ed ecologico. Entrambi sono responsabili dei disastri d' oggi, che vedono moltiplicate le azioni negative di un tempo. Alle soglie del XXI° secolo una delle cose necessarie alla salvezza dell' umanità, di tutta l' umanità, è la comprensione e l' accettazione dei valori etici basati sulla tolleranza, la fratellanza universale, la comprensione e l' accettazione dei valori delle varie e più disparate civiltà, che sono in effetti patrimonio comune di tutti. Ecco perché tra Sufismo e Massoneria vi sono stati nei tempi passati e ancor oggi vi sono numerosi punti di contatto.