Ogni Maestro, per il fatto stesso di aver raggiunto il terzo grado, è
perfetto ed è in grado di servirsi con competenza e profitto di tutti
gli strumenti dell’Arte muratoria per una migliore conoscenza di sé e
degli altri.
Maestro Venerabile è colui che la saggezza dei Fratelli membri di una
Loggia elegge per un limitato periodo di tempo a presiedere ed
indirizzare i lavori dell’Officina. Il consenso, manifestato nelle forme
rituali, è materiato della stima e della consapevolezza che l’eletto sia
per essere all’altezza del difficile mandato. Tale consenso è il
fondamento dell’autorevolezza che impone rispetto ed obbedienza. Su
questo presupposto ineliminabile riposano quei poteri che competono in
genere alla guida e, in particolare, quella somma di attribuzioni che
fanno del Venerabile il centro motore della Loggia ed il depositario
principale della tradizione iniziatica.
Senza dubbio quella del Venerabile è la carica più elevata ed importante
in seno alla nostra Istituzione che pone al centro della vita e della
organizzazione massonica la Loggia.
L ‘esperienza collaudata dai secoli dimostra che la vera formazione
muratoria si compie attraverso un lavoro di équipe tanto meglio se
composta da pochi ma buoni elementi, legati tra loro da un ‘affinità
spirituale che è già presente e trova verifica e sublimazione dopo
l’ingresso in Loggia.
Ed ogni lavoro di gruppo richiede la presenza vigile e costante di un
coordinatore illuminato i cui suggerimenti vengano da tutti accolti con
quel piacere indissolubile che è legato al desiderio di elevarsi.
Ed ecco profilarsi imponente la responsabilità del Maestro Venerabile
che è chiamato in ogni istante, con un impegno che la sua coscienza,
prima ancora delle nostre Costituzioni, protrae anche oltre la
cessazione della carica, a rappresentare un sicuro punto di riferimento,
un tranquillo asilo, una sorgente inesauribile di amore.
Se infatti ogni massone degno di questo nome ha il dovere di affinarsi
così da costituire un esempio vivente di alto e forte ingegno, di
profondo sentire, di civiche virtù, il Maestro Venerabile, primus
inter pares, tale affinamento deve compiere ancor più intensamente
così da mantenere ed acquistare ulteriore credibilità e prestigio sia
presso i Fratelli che al di fuori della propria Loggia e nel mondo
profano.
Si richiedono dunque al Maestro Venerabile grandi doti di umiltà e di
tolleranza: il nostro è un lavoro che non conosce limiti di tempo né di
spazio in una continua ansia di ricerca e nella consapevolezza che la
verità e la perfezione sono raggiungibili soltanto attraverso una serie
di approssimazioni successive ognuna delle quali costituisce un gradino
donde l’orizzonte si allarga, rendendoci peraltro edotti e desiderosi di
ulteriori traguardi da superare.
Il Venerabile non deve presumere stoltamente di possedere una maggiore
illuminazione, un segreto da altri inattingibile: la carica nulla gli
conferisce che non sia già in lui maturato e divenuto percepibile dagli
altri Fratelli i quali, proprio in virtù di siffatta constatata
elevazione, lo hanno eletto a loro guida in una staffetta che non ha mai
fine. Ed il Venerabile è colui che deve vigilare sulle coscienze dei
Fratelli affinché non si addormentino in una fallace e pericolosa
persuasione di aver attinto i vertici dell’iniziazione e di sentirsi
perfetti: egli deve essere un suscitatore di fermenti, un insaziabile
curioso, un critico attento ed obbiettivo.
Tali qualità gli permetteranno di acquistare sempre maggior serenità ed
indipendenza di giudizio, specie quando, per avventura, egli sia
costretto ad esaminare un comportamento di un Fratello non conforme
all’etica massonica che è ancor più rigorosa e meno derogabile di quella
profana. Soccorrevole e tollerante egli sia verso il Fratello che ha
errato in buona fede e perciò meritevole di aiuto e di maggiore
illuminazione, severo ed inflessibile si mostri invece verso colui che
dia chiara prova di aver soltanto epidermicamente o, peggio,
strumentalmente, assorbito i principi massonici senza lasciarsene
formare e rimanendo quindi pietra grezza durissima, irrimediabilmente
insuscettibile di levigatura.
Non si lasci infine il Venerabile tentare da un attivismo deteriore,
indirizzato essenzialmente alla conservazione ed al rafforzamento dei
suffragi necessari ad una riconferma nella carica. La Massoneria ha
bisogno, per progredire, di uomini schivi che sappiano concretamente
dimostrare il vantaggio incommensurabile di un ricambio di persone e di
idee nella conduzione di qualsiasi organismo, massimamente poi di
un’istituzione a carattere iniziatico quale è la nostra.
II male da tempo individuato e condannato nel mondo profano è quello
della vischiosità del potere, dell’abitudine alla carica,
dell’autoconvincimento dell’insostituibilità e dell’indispensabilità.
Noi che siamo cultori della Natura nel suo mirabile divenire e
perpetuarsi non possiamo distinguere l’insegnamento quotidiano, che da
essa ci viene, dal comportamento conseguente a una retta applicazione
dei nostri principi.
La Natura progredisce attraverso l’evoluzione che presuppone il
rinnovamento e l’apporto di nuove e più fresche energie.
Non diversamente, e proprio perché la nostra maturazione spirituale è
materiata di umiltà e di tolleranza, dobbiamo operare all’interno della
nostra Istituzione fornendo il massimo dell’impegno con dedizione
assoluta e scevra da secondi fini affinché il nostro incarico,
temporaneo ed elettivo, sia il più proficuo per l’Istituzione e per
l’Umanità in genere. Saremo così pronti e addirittura ansiosi di
consegnare il testimone di questa ideale staffetta verso il progresso a
coloro che, con pari o maggiore abnegazione, siano stati scelti dai
Fratelli a proseguire la nostra opera.
Sappiamo che la Massoneria è essenzialmente scuola di vita e, come tale,
essa deve renderci edotti di tutte le deficienze e le miserie umane,
consapevoli delle cause, ricercatori dei rimedi, protagonisti di
un’ascesa inarrestabile.
L’iniziazione dovrebbe rappresentare la rinuncia ad ogni condizionamento
da parte di un mondo nel quale abbiamo visto la luce fisica e ci siamo
formati assorbendo sensazioni ed insegnamenti positivi che ci hanno
stimolato verso la ricerca diversa e superiore alla quale abbiamo potuto
dedicarci soltanto dando un addio alla vita profana per quanto di
deteriore, contingente ed alienante essa contiene. Tuttavia la nostra
stessa natura, nella quale si mescolano spirito e materia, tende ad
avviluppare il massone, novello Prometeo, nelle catene dell’abitudine,
del conformismo che tendono a far rifluire all’interno della nostra
Istituzione atteggiamenti, comportamenti, reazioni che rappresentano la
negazione totale di quel miglioramento di noi e degli altri al quale ci
siamo votati quando abbiamo bussato alla porta del Tempio.
Di qui la deformazione ottica che ci fa scambiare ciò che dovremmo
essere con ciò che vorremmo essere; ed ecco affiorare la superbia,
l’invidia, l’intolleranza, e, in un crescendo inquietante, l’intrigo, la
sopraffazione, la lotta fratricida.
Ancora una volta si rivela in tutta la sua importanza e in tutta la sua
delicatezza la figura e la funzione del Maestro Venerabile. Egli deve
essere dotato di un raffinato senso di percezione di qualsiasi
turbamento venga ad alterare o semplicemente minacciare il lavoro di
perfezionamento interiore al quale i Fratelli ed egli stesso sono
diuturnamente dedicati; e deve immediatamente intervenire anzitutto su
se stesso ove si avveda di una deviazione, non esitando a rassegnare il
mandato se ritenuto troppo gravoso ma soprattutto se il suo
comportamento divenga palese motivo di malessere nell’egregora dei
Fratelli, fosse anche uno solo tra essi.
Non a caso poco fa parlavamo dell’etica massonica che è più profonda e
rigida di quella profana: non appaia perciò scrupolo eccessivo ritornare
tranquillo tra le colonne quando ci si accorga di non poter più
assolvere al ruolo di guida unificatrice e propulsiva nella ricerca del
vero, del bello, del buono: in qualche cosa deve pure il Massone
distinguersi rispetto a un non iniziato: diversamente, dimostreremmo per
fatti concludenti di aver a suo tempo prestato un falso giuramento
oppure di averlo rinnegato. E quale insegnamento, quale credibilità di
noi e dell’Istituzione che rappresentiamo potremmo più offrire ai
Fratelli, alla Comunione, al mondo profano?
Ecco dunque ciò che deve essere e ciò che deve evitare di essere un
degno Maestro Venerabile sia a livello di Loggia sia come eventuale
Presidente di Collegio Circoscrizionale: soltanto un tirocinio così
severo e formativo potrà renderlo degno di aspirare a maggiori
responsabilità e addirittura a guidare la Comunione Nazionale ove i
Fratelli, liberamente, per spontanea determinazione, ve lo acclamino.
Delineata la figura del Maestro Venerabile quale dovrebbe essere in ogni
tempo e in ogni luogo, accostiamoci a quelli che dovrebbero essere i
suoi compiti nell’attuale momento storico.
Un Massone deve essere figlio del suo tempo e protagonista consapevole;
la sua ricerca interiore non può non accompagnarsi allo studio della
società contemporanea nella prospettiva di ricerca di un metodo che
valga a migliorare anche l’umana convivenza. Un Massone non può ne deve
ignorare la realtà che lo circonda ed anzi deve incidere in essa col
peso della sua preparazione, del suo equilibrio, del suo ruolo innati di
mediatore efficace e gradito tra opposte tendenze.
E l’attuale momento storico d’altronde non ammette distrazioni poiché
viaggia alla velocità della luce ed il rischio più subdolo che si corre
è quello non tanto di essere travolti e annientati dopo una battaglia
che, se pur breve, qualche traccia lascia pur sempre, quanto quello di
essere addirittura emarginati ed enucleati in un contenitore ovattato,
indistruttibile ed impenetrabile, di polistirolo espanso.
La gente ha fretta di vivere, di conoscere, di godere, di soffrire, di
morire. Il tessuto sociale si dilata smodatamente, prolifera
incontrollatamente per coprire le più disparate esigenze delle legioni
di uomini che, con pari diritti, sempre più numerosi ogni giorno
domandano di assidersi al desco della cosiddetta civiltà dei consumi. Il
fenomeno del gigantismo a tutti i livelli richiede sempre maggiori mezzi
per soddisfare le esigenze di raggruppamenti ognora più vasti di
persone, popoli, interessi, mentre soffoca e stritola qualsiasi
posizione individualista: si vuole sempre di più, sempre più in fretta e
non si misura il prezzo esoso e alla fine insostenibile che si paga in
termini di libertà.
Per vero nel mondo profano i vari mali del secolo vengono percepiti e
sofferti e da più parti, con sforzi meritori ma spesso configgenti ed
auto elidentisti, si tenta di reperire i rimedi più idonei. Ma si tratta
di un lavoro frammentario, non finalizzato a quel reale progresso che
non può realizzarsi altro che con lo studio dell’uomo, centro
dell’universo, tempio della ragione, arbitro del suo divenire.
Si assiste così alla strumentalizzazione che di fatti, avvenimenti,
problemi si compie da parte di chiunque, ma soprattutto dai partiti e
dalle chiese.
Lo stesso Massone, pur in possesso degli strumenti dell’arte muratoria,
stenta ad orientarsi e spesso, anche in buona fede, finisce con lo
sprofondare nella palude del contingente e del transeunte. E il pianeta
uomo si fa sempre più lontano e inaccessibile perché tutte le ideologie
e le religioni hanno interesse a nasconderlo dietro i veli delle proprie
fallaci lusinghe, gabellate per verità rivelate e indiscutibili.
Qui dunque si inserisce la funzione del Maestro Venerabile, non più
limitata ad un avvilente ed improduttivo lavoro burocratico e ad una
stereotipa ripetizione di gesti, di formule, di rituali dei quali ha
dimenticato l’essenza e spesso non sa spiegare il valore in un’epoca che
tutto smitizza senza sostituire alcun ideale a quelli frettolosamente
eliminati.
Anzitutto egli deve vigilare contro ogni tentazione di male inteso
proselitismo, viceversa approfondendo, con la preziosa collaborazione
delle Luci e dei Fratelli presentatori, la conoscenza dei profani che
bussano alla porta del Tempio, giungendo ad ammetterne le domande dopo
una lunga meditazione e dopo essersi convinto delle reali capacità del
candidato ad offrirsi liberamente e spontaneamente allo sgrossamento
attraverso gli strumenti dell’Arte.
Oculatezza estrema dunque nelle scelte e saggio esercizio della
maieutica socratica anche e soprattutto quando si tratti di giudicare i
Fratelli degni di un aumento di luce. Da sempre la quantità ben
raramente si è accompagnata alla qualità: ché anzi quest’ultima ne è
stata travolta.
E mai come oggi la Massoneria ha avuto bisogno di uomini preparati,
sereni, responsabili, buoni e leali cittadini.
La frastornante bufera di accuse e controaccuse che si abbatte da
qualche tempo sulla nostra Istituzione, ancorché manovrata anche da
forze ostili in quanto consapevoli dell’immensa carica evolutiva del
laicismo da noi professato, avrebbe stentato a sollevarsi e,
addirittura, si sarebbe placata rapidamente ove avesse trovato una
Famiglia unita da una tradizione di serenità e di operosità. Invece in
parecchi punti la foresta non era compatta ad arginare le raffiche
impietosamente sospinte da tutte le direzioni ed abbiamo avuto la triste
ventura di constatare la nostra estrema vulnerabilità agli scandali che
risuonano tanto più laceranti e avvilenti quanto più connessi ad una
inammissibile commistione di profani interessi politici, religiosi,
economici con i nostri immortali principi che, finora, ci avevano
meritato credibilità ed autorevolezza in un mondo così disincantato e
superficiale.
Taluni potrebbero essere indotti a pensare che siamo al tramonto
malinconico di una luminosa tradizione. Ma l’etimologia della parola
tradizione, che significa consegna, deve indurci ad indagare sulla
nostra idoneità a ricevere il messaggio, tramandatoci da coloro che ci
hanno preceduto sulla difficile via dell’Iniziazione.
E l’idoneità deve accompagnarsi indissolubilmente ad un profondo senso
di umiltà, non disgiunto da grande coraggio nell’individuare le nostre
carenze per colmarle.
Ed ecco ancora una volta riemergere il ruolo e la responsabilità del
Maestro Venerabile, un uomo del presente, che deve raddoppiare la
vigilanza, estirpare senza paure o inconcepibili timori reverenziali le
male piante allignate e cresciute tra noi, esercitare con maggior
consapevolezza, pretendendo la più ampia informazione, il controllo
preventivo e consuntivo sull’operato dei reggitori dell’Istituzione a
qualsiasi livello così da ristabilire presto e mantenere quel clima di
fiducia e reciproca stima tanto necessario a noi, ma soprattutto al
mondo profano.
Non dimentichiamo infatti che esso ha impellente, prepotente,
insostituibile bisogno di ideali cui aggrapparsi al di là e al di sopra
delle varie chiese e delle varie ideologie politiche. Ricercare,
scoprire, attuare, propagandare questi ideali con la collaborazione
indispensabile e, vorremmo dire, quasi magica dei Fratelli di Loggia sia
la cura quotidiana del Maestro Venerabile. Gli uomini possono e debbono
cambiare, gli Ideali restano e, se in umiltà e buona fede praticati, ci
porteranno a costruire quella città dello spirito dove la fratellanza
sia il vero ed unico cemento tra uomini liberi ed uguali.
Virgilio Gaito
Gran Maestro del
G.O.I. (1993-1999)
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