La
Tradizione Greco-Romana e la Massoneria.
Alcuni aspetti del simbolismo
di Ercole
Mariano
Bizzarri[1]
Come
noto, i templi massonici italiani prevedono che,
in corrispondenza degli scranni delle Luci
vengano collocate le statue di Ercole (II°
Sorvegliante), Venere (I° Sorvegliante) e
Minerva (Maestro Venerabile). Queste presenze
simboliche sono solo alcune tra quelle che la
Massoneria vera e propria Arca vivente dei
Simboli ha
ereditato dalla Tradizione Greco-Romana di cui,
in qualche modo, ne tramanda i germi più vitali
e significativi. E tuttavia alquanto
spiacevole dover rilevare come taluni autori
moderni non abbiano saputo cogliere
la portata esoterica di tali riferimenti e,
mostrando una sostanziale incapacità di
comprensione metafisica del simbolismo, abbiano
liquidato il problema posto dalla
permanente vitalità della Tradizione Romana con
poche e d irriverenti battute, quando addirittura non
passino semplicemente sotto silenzio lintera
questione.
Eppure
le relazioni che sussistono tra Massoneria ed
esoterismo greco-romano sono state nel passato
sottolineate con dovizia di argomenti dal Reghini, dal Pike e dal
Porciatti che bene sottolinea come
Ercole
[sia] il prototipo dellIniziato
[
]
che respinge il vivere facile e dolce decidendosi
ad un lavoro incessante e faticoso
[..]. Fra le
colonne, liniziando Compagno non deve
dimostrarsi da meno delleroe mitologico
[in
cui] il concetto iniziatico vi appare nella sua
duplice veste interiore ed esteriore epperciò,
dal punto di vista classico, la figura di Ercole
assume un carattere di completezza iniziatica
molto suggestivo
Ercole
concorre infatti a definire innanzitutto la
triade divina costituita dagli
attributi per mezzo dei quali il Principio
il GADU - si appalesa nellambito del Cosmo
e dispiega la propria azione demiurgica per mezzo
della Sapienza (Minerva), della Forza (Ercole) e
della Bellezza (Venere); un concetto non a caso
sottolineato da Dante, quando ricorda che:
Fecemi la divina Potestate,
la
somma Sapienza e il primo Amore
Levocazione
della triade romana in un contesto massonico è
non solo pertinente nella misura in cui
rinvia agli attributi divini per tramite i quali
il Libero Muratore è chiamato a riattualizzare latto
creativo operato allinizio dal
GADU ma è altresì appropriata in
relazione al parallelismo che può essere
tracciato con la triade tradizionale dellinduismo,
dove
Forza, Bellezza e Saggezza
costituiscono laspetto operativo
o, se si vuole, la volontà fattiva,
la Shakti,
delle tre principali
divinità: Bhrama, Shiva
e Visnù.
Il fatto che tutte e tre siano rappresentate nel
tempio massonico offre spunto a considerazioni
della più grande importanza che riguardano
propriamente laspetto operativo
della massoneria, nella misura in cui alludono
chiaramente a quali attributi e di conseguenza a
quali nomi
il massone deve far
riferimento nel corso dellOpera
e a
quelle qualità che è chiamato a reintegrare e
ricapitolare durante il percorso che a
ritroso lo porterà a risalire la china
che separa la condizione umana dalla piena
realizzazione iniziatica da cui è decaduto. Un
percorso complesso, irto di difficoltà, che si
snoda per gradi e di cui lepopea di Ercole
ci offre forse la migliore sintesi simbolica
possibile.
Il
cammino di Ercole
Ercole
è figlio di Zeus ed Alcmena, una donna mortale.
Grazie ad uno stratagemma che ricorda da
molti punti di vista quello adottato da
Ute
Pendragon, padre dellArtù celtico
Giove riesce ad introdursi nellalcova
della mortale e trascorre con lei lintera
nottata.
Lobiettivo del dio
quale ci viene tramandato dal mito greco
è quello di assicurare la continuità della
casata di Perseo e generare un uomo tanto forte
da impedire lo sterminio degli uomini e
degli dei. Di fatto, benché predestinato,
Ercole dovrà affrontare una serie di imprese, già
dal momento del concepimento, per acquisire un
ruolo ed un titolo che resterebbero altrimenti
virtuali. Alla
sua nascita si oppongono innanzitutto le streghe,
che, dietro istigazione di Era, cercano
invano di ritardare il parto di Alcmena. Lavversione
di Era ipostasi del principio reggitore
della sfera della Terra nellambito della
tripartizione del cosmo costituisce un
elemento costante e caratterizzante dellintera
epopea ed esprime, a livello simbolico, lostilità
latente del mondo corporeo nei confronti di
chiunque e massimamente delliniziato
cerchi di affrancarsi dal suo dominio.
Compiute
alcune imprese, alcune delle quali già nella
culla come luccisione dei due
serpenti dopo aver girovagato per mari e
per monti, impratichitosi delle arti liberali e
delle tecniche della guerra, ed aver conosciuto
la sofferenza e la cupa disperazione che gli
faranno vacillare la ragione, leroe si
ritirerà per alcuni giorni in una camera
buia vera e propria prefigurazione
del gabinetto di riflessione - in totale
solitudine. Ercole verrà quindi purificato dal
re Tespio prima di recarsi alloracolo di
Delfi dove la Pizia lo chiamerà per la prima
volta Heraklés e gli svelerà che,
per conquistarsi limmortalità, dovrà
porsi per dodici anni al servizio del re di
Tirinto, lo stolto Euristeo che, in successione, gli
imporrà le fatidiche dodici imprese.
Le
dodici fatiche, che si concludono con
la assunzione in cielo del mortale
figlio di Zeus, descrivono un complesso
itinerario iniziatico circoscritto allambito
dei piccoli misteri e che copre, come indicato
del resto dal riferimento alle dodici stazioni, lintera
gamma delle possibilità inerenti lo stato umano,
qui considerato come un grado dellesistenza
universale. Come tale lepopea
si
presta ad unarticolata lettura simbolica
suscettibile di interpretazione tanto sincronica
quanto diacronica. Stante lesistenza di
taluni incertezze circa la cronologia originaria
delle imprese di Ercole, è preferibile affidarsi
allapproccio tematico che meglio permette
di enuclearne gli aspetti qualificanti e
simbolicamente rilevanti. Il filo conduttore è
facilmente individuabile in una serie di prove
iniziatiche, ricche di significati simbolici, il
cui compimento permette al figlio del Cielo
di accedere alliniziazione ai piccoli
misteri qualificarsi come promesso
sposo
di Atena-Minerva e quindi, per suo tramite,
essere accolto nellOlimpo.
La lotta contro le Potenze della Contro-Iniziazione
Un
primo gruppo di Fatiche (I,II,VI,VIII
e IX) fa
espressamente riferimento al combattimento
ingaggiato da Ercole contro le potenze della
controiniziazione. Lungi dallessere questo
un richiamo vago e generico, la saga del semidio
individua con estrema chiarezza lavversario
dellEroe, identificandolo con il principio
stesso da cui proviene lorigine
del
potere controiniziatico.
Ercole si scontrerà
infatti a più riprese con i figli di Echidna e
Tifone, sconfiggendoli luno dopo laltro:
il leone Nemeo (I fatica), lIdra di Lerna (II),
il cane Orione (X) ed infine Cerbero (XII).
Echidna, un mostro per metà donna e per metà
serpente, si apparenta simbolicamente ad una ben
nota classe di figure demoniache di cui lesempio
meglio noto è costituito da Melusina: patrona
delle arti magiche ed espressione specifica delle
tentazioni e dei pericoli cui è esposto liniziato
quando si accosta a Scienze tradizionali che,
prive di qualsiasi ricollegamento a principi di
ordine superiore, costituiscono ormai solo un
pericoloso strumento di deviazione. Tifone, come
ci ricorda Guénon, non è altri che il dio
egizio Seth, denominato, in opposizione ad
Horus occhio nero del sole calante;
la sua mitologia ricorda per molti aspetti quella
del Lucifero biblico. Infatti Seth, una
volta campione delle forze luminose, incarnazione
del prototipo guerriero che ritto sulla prua del
vascello di Ra uccide il Dragone
Apoptis,
si ribella allautorità spirituale per
uccidere il principio solare, Osiride. Di fatto
la
sola cosa che sussiste dellantico Egitto è
una magia molto pericolosa e di ordine molto
inferiore che si ricollega precisamente ai
misteri del dio dalla testa dasino che non
è altri se non Seth/Tifone
Lunione
tra Tifone ed Echidna evoca per analogia quella
descritta dal Genesi ed ampiamente sviluppata nel
Libro
di Enoch in cui è questione della nefasta
progenie di giganti nata dai figli di Dio
illegittimamente coniugati alle figlie
degli uomini:
da Tifone ed Echidna
nasceranno infatti mostri e titani che saranno
gli autori di quella rivolta contro lolimpo,
per scongiurare la quale lintervento di
Zeus non sarà sufficiente e sarà invero
necessario fare appello allaiuto di un
mortale come Ercole. Racconta infatti Macrobio
che
Si
crede che egli
[Ercole] stesso abbia ucciso i
Giganti, combattendo a difesa del Cielo, come
simbolo del valore degli dei. Quanto ai Giganti,
cosa bisogna pensare se non che furono una
stirpe
di uomini, empi negatori degli dei, e quindi
ritenuti desiderosi di scacciare gli dei dalla
loro sede celeste.
[..] Il Sole fece giusta
vendetta di questo popolo con la forza del suo
calore apportatore di pestilenze
Questaspetto
del mito è suscettibile di una complessa analisi
simbolica che, generalmente, viene raramente
tenuta nel debito conto, ma dove laspetto
essenziale è costituito dal contributo
irrinunciabile che gli uomini ed in specie
gli iniziati debbono fornire per
contrastare i processi involutivi propri ad ogni
ciclo di manifestazione, opponendosi attivamente
alla degenerazione il cui principio primo, nellambito
dellattuale manvantara, viene ad
essere identificato appunto con Tifone. La
circostanza per la quale il mito evidenzi come la
contrapposizione tra gli dei dellOlimpo e i
Giganti non si esaurisca con lincatenamento
di Tifone al di
sotto dellEtna, ma prosegua con altri
episodi, ciascuno dei quali estremamente
significativo, viene ad essere rievocata dalla
saga di Ercole che a più riprese ed anzi
fino allultimo si trova costretto a
confrontarsi con le forze oscure della
controiniziazione. Da queste riesce a liberarsi
solo con lascensione ai cieli,
che qui deve va intesa come raggiungimento di
quel paradiso terrestre, invariabile
mezzo in cui lessere si trova finalmente
affrancato dal ciclo infernale del
ritorno nellambito del manifestato (il
Samsara
della tradizione estremo-orientale) e così,
finalmente trasformato, può ormai
proseguire nel dominio del non-manifestato,
costituito per lappunto dai cieli
superiori.
Nel
contesto di queste vicissitudini, due episodi
meritano una menzione particolare. Nel primo di
questi, il semidio si trova a dover scacciare gli
Stinfali (VI fatica), uccelli di bronzo,
divoratori di uomini, di animali e distruttori
delle messi. I rapaci in questione sono
apparentati dal mito ad una tribù di streghe,
sacerdotesse arcadi della triplice dea la
famigerata Dea Bianca - già in precedenza
perseguitate dai lupi invasori devoti
a Zeus lupo. Anche qui i riferimenti
simbolici si moltiplicano e nel loro intreccio
illuminano lermeneutica del racconto. Il
tema dominante e che ritorna in numerosi
altri episodi è quello inerente lannientamento
della tradizione deviata che fa capo al culto
della Grande Madre e di cui i momenti salienti
sono rappresentati dalla Guerra di Troia e dalla
rivolta dei Giganti. Intorno al XII° secolo a.C.,
in concomitanza con la disastrosa conclusione
delletà del bronzo e prima di quella del
ferro, per gli uomini il cui destino sembrava
ormai quello di essere travolti negli oscuri
meandri di una civiltà impregnata di magia nera,
così da
spegnersi
senza gloria nellAde, Zeus creò una
schiatta migliore, che Esiodo chiamò appunto
degli Eroi, cui è data la possibilità di
conquistare limmortalità e di partecipare,
malgrado tutto
[il corsivo è nostro], ad
uno stato simile a quello delletà
primordiale. Si tratta dunque di un tipo di
civiltà nel quale si manifesta il tentativo di
restaurare la tradizione delle origini sulla base
del principio guerriero e della qualificazione
guerriera .
La
specificazione che fa Evola, sottolineando quel
malgrado tutto è della più
rilevante importanza, dato che implica come quel
tipo di via al sacro non permettesse
lacquisizione integrale dei Grandi Misteri,
ma si fermasse necessariamente ai piccoli, come
del resto è prerogativa propria di qualunque
via riservata agli Ksathriya.
Ed in effetti Ercole, che dei guerrieri è il
prototipo ed il campione, verrà ammesso
soltanto
ai Piccoli Misteri nellambito delliniziazione
eleusina (XII fatica), essendogli di fatto
precluse forme di iniziazione che per la loro
natura sono di diritto riservate alla casta
sacerdotale e di cui, in Occidente, già allora (XII
secolo) non restavano ormai che tracce.
Una
delle tappe di questo percorso consiste
propriamente nel riappropriarsi della Potenza
indebitamente posseduta dalla spiritualità
demetrica - simboleggiata appunto dal
culto della Dea Bianca superando così
la hybris della chiusura titanica dellIo.
La duplice opposizione dellEroe fa
riferimento alle due fasi dissolventi del ciclo
dellUmanità, quella caratterizzata dalla
preminenza del sacerdozio lunare femminile (Età
dellArgento) e quella successiva (Età del
Bronzo), ingeneratasi come reazione alla
precedente e caratterizzata dalla lotta dellelemento
maschile decaduto, personificato dalla violenza
Titanica che a sua volta ingenera il proprio
contrario femminile, e cioè lAmazzonismo.
Non per caso Ercole dovrà sconfiggere anche le
rappresentanti di questultimo, uccidendo la
regina Ippolita e recuperando la cintura di
Ares
simbolo di Potenza virile e virtù
guerriera da lei indebitamente posseduta.
Lepisodio in questione va messo in
parallelo con altri analoghi attribuiti a Teseo,
Dioniso, Mopso, allo stesso Ercole, e
tutti sembrano indicare tanto la soppressione dei
culti lunari quanto dei sistemi socioeconomici (il
matriarcato) a questi improntati in Grecia, Asia
Minore, Tracia e Siria. Il senso cosmologico
inerente il simbolismo sotteso a questi miti è
evidente e fa riferimento a come prima
della precipitazione ultima
[
] venga
avviato un grande tentativo di restaurazione
integrale della Tradizione Primordiale dellAurea
Età tale da permettere agli
emitheoi
di rientrare nellimmortalità per
ricostituire lUnità, realizzando cioè lUno
che assorbe il Due[28].
La ricerca della saggezza
Il
tema della ricerca della sapienza divina sottende
alcune delle imprese di Ercole tra le meno
attentamente considerate dalla esegesi critica,
probabilmente a causa di una interpretazione
riduttiva della via cavalleresca,
intesa primariamente nella sua accezione marziale
quasi che questa non prevedesse, al pari di altri
percorsi iniziatici, lacquisizione di un
patrimonio sapienziale che, in questambito
specifico, sa coniugare il momento dellazione
a quello della contemplazione attiva. La cattura
della Cerva (III fatica), così come quella del
cinghiale Erimanzio (IV), rientra
indiscutibilmente in questo gruppo. La Cerva
sacra, dotata di corna doro e zoccoli di
bronzo, viene inseguita da Ercole lungo un anno
intero, fino al paese degli Iperborei,
dove finalmente, ai piedi di un albero, viene
catturata dallEroe grazie ad uno
stratagemma per essere quindi portata a Micene, dopo
aver vinto la resistenza di Artemide. Linsieme
delle specificazioni simboliche che fanno da
corollario a tale episodio evidenzia
inequivocabilmente come la cerva sia qui ipostasi
della saggezza iniziatica: lattributo delle
corna fa pensare che in origine doveva piuttosto
trattarsi di una renna unica femmina ad
esserne dotata in Europa e ne colloca
pertanto la residenza in un ambito polare;
il successivo riferimento agli iperborei
non fa che confermare la specificazione di luogo
sottesa al mito: la Tradizione di cui Ercole
finisce con limpossessarsi è in effetti
quella Sacra e Primordiale,
geograficamente messa in relazione con il Polo e
quindi con la regione degli Iperborei; la Caccia
dura dodici mesi a significare come la ricerca
comporti obbligatoriamente lesplorazione e
lassimilazione di tutte le possibilità
qui raffigurate in modalità spazio-temporale
connesse al grado di esistenza proprio
della condizione umana e termina in corrispondenza
di un albero, simbolo assiale per eccellenza,
termine ultimo del peregrinare orizzontale delluomo
ed ipostasi del centro da cui si diparte laxis
mundi.
Affatto
dissimile è il significato simbolico inerente lepisodio
peraltro complesso e infarcito di elementi
diversi relativo alla cattura del
cinghiale Erimanzio. E ben noto come tale
animale costituisca lemblema della sapienza
sacerdotale nella tradizione celtica e lipostasi
stessa di Visnù in quella induista. Lera
del cinghiale bianco
è
propriamente quella delletà dellOro,
caratterizzata dalla normale prevalenza
dellelemento spirituale nella gerarchia
della comunità degli uomini. Lintervento di Ercole
assume anche in questo contesto di nuovo un
significato salvifico e di recupero di una
conoscenza finita dispersa sulla vetta dei
monti": Erimanzio viene infatti catturato
sulla montagna di Erimanto, figlio di Apollo e
caro ad Artemide: ritroviamo la diade
indissolubile Apollo-Diana che ancora una volta
testimonia degli stretti rapporti che
intercorrono tra le due porte e le due vie. Va
rilevato come, contrariamente a quanto accade nel
mito del cinghiale bianco di Calidonia
perseguitato e quindi ucciso da Atalanta
nel corso della IV fatica lEroe non
sopprime lanimale, ma lo cattura per
condurlo a Micene. Il significato dellepisodio
è qui diametralmente opposto: nel primo caso,
con la morte dellanimale, i rappresentanti
della casta dei guerrieri si attribuiscono una
vittoria definitiva sui rappresentanti della
casta sacerdotale; nel secondo caso, la bestia
viene in realtà protetta da una probabile morte
e messa in salvo, come narra
la leggenda,
nel tempio di Apollo a Cuma[36].
Il viaggio nelloltretomba e liniziazione
ai misteri
Lultimo
gruppo di fatiche (X,XI e XII), il cui ordine
cronologico è ancora discusso, è inerente la
discesa ad inferos delleroe, la
rinascita rituale ed il raggiungimento del
Paradiso Terrestre. In questa prospettiva
ermeneutica è probabile, come già suggerito dal
Graves e da
altri autori, che la dodicesima impresa debba
essere sostituita alla decima. Al momento di
procedere verso Occidente e addentrarsi nelle
viscere dellAde, Ercole chiede di essere
preliminarmente iniziato ai misteri di Eleusi e,
preparato alla morte rituale, si
cinge il capo di mirto. Tuttavia, è solo dopo ladozione
da parte di Pilio e la purificazione svolta da
Eumolpo che allEroe viene consentito di
accedere ai Piccoli Misteri.
Guidato da Atena-Minerva che accorre in
suo aiuto ogni qualvolta invoca Zeus padre
e da Ermete, Ercole attraversa la desolazione
infernale, cattura Cerbero e riemerge dentro una
grotta dopo essersi rivestito delle fronde dellalbero
dei Campi Elisi, il cui duplice colore
bianco e nero attesta come egli sia
risultato vincitore in entrambi i mondi:
terrestre ed infero[39].
E
proprio la vittoria conseguita in questimpresa
che mette Ercole nella condizione di poter
recuperare i buoi di Gerione (X fatica) e di
entrare in possesso delle mele delle Esperidi (XI
fatica). Nel corso della prima di queste, al
termine di un lungo viaggio per mare che lo porta
da Oriente ad Occidente,
Ercole giunge
prima a Tartesso, dove innalza due colonne volte
a delimitare lo stretto, e quindi nellisola
di Gades, sperduta nel mare. Qui regna
Gerione, mostro dai tre corpi che, insieme al
mandriano Eurizione ed al cane Ortro, figlio anchesso
di Echidna e Tifone, custodisce una mandria di
buoi. LEroe, dopo aver ucciso i guardiani,
si impossessa del bestiame, fa loro attraversare
il mare grazie ad una coppa-calderone fornitagli
da Elio e,
attraverso numerose peripezie giunge in Italia
dove sconfigge il gigante Caco, istituisce
il culto di Zeus e proibisce i sacrifici umani
per consegnare gli animali ad Euristeo. Il
mito qui brevissimamente ricordato
offre spunti innumerevoli di riflessione e
meditazione simbolica su cui non è possibile
soffermarsi esaustivamente, dati i limiti del
presente saggio. Alcuni passaggi meritano
tuttavia di essere sottolineati, considerando le
connessioni evidenti che presentano con il tema
che ci siamo prefissi di affrontare. Innanzitutto
occorre affrontare la vexata quaestio
rappresentata dai significati molteplici
ed inestricabilmente intrecciati inerenti
il simbolismo delle colonne. Queste vennero
erette in prossimità della biblica Tarsis, a
delimitare il mondo dei vivi dalle Isole
Occidentali della morte. Simbolicamente il
viaggio che Ercole intraprende verso Occidente
al pari di imprese analoghe compiute da
altri eroi della tradizione
occidentale e medio-orientale - costituisce una
prefigurazione della discesa agli inferi che
tornerà a compiere tanto nellundicesima
quanto nella dodicesima fatica. Anche per Dante
le colonne hanno il valore di landmarks
deputate a delimitare un insuperabile spartiacque
che avrebbe finito con il diventare un vero e
proprio tabù destinato a durare fino allepoca
di Cristoforo Colombo. Quellinterdetto
rivestiva probabilmente un duplice ordine di
significati, luno propriamente geografico e
di ordine quindi cosmologico, laltro
relativo alla pericolosità di una qualche forma
di conoscenza strettamente connessa alle colonne
stesse. Come riportato da alcuni autori, sulle
colonne era infatti stato inciso qualcosa,
mentre, per la saga celtica di Ogma volto
di Sole lErcole della
tradizione nordica le colonne
costituiscono delle nuove astrazioni
alfabetiche istituite da Eracle, che
avrebbero sostituito il precedente linguaggio e,
per estensione, la conoscenza sacra cui lalfabeto
stesso fa riferimento. Tra il V e il VI secolo a.C.
un periodo cruciale per lOccidente
da numerosi punti di vista lalfabeto
bardico di venti lettere (ripartite su quattro
colonne ricoperte doro rosso), noto come il
Boibel-Loth in cui
[
]
i nomi greci delle lettere si riferivano al
viaggio del divino Ercole nel nappo solare
[..],
soppiantò lalfabeto arboreo Beth-Luis-Nion,
dove i nomi greci delle lettere si riferivano alluccisione
di Crono sacrificato da donne inferocite.
Poiché
le Gorgoni avevano un loro sacro bosco ad Erizia,
lisola rossa che Ferecide
identifica con Cadice, e poiché alberi
in tutte le lingue celtiche significa lettere,
lalbero che prende molte forme
è a mio parere lalfabeto di Beth-Luis-Nion
di cui le Gorgoni serbavano il segreto nel loro
sacro bosco finché Eracle non le annientò.
Secondo questa interpretazione il viaggio di
Eracle ad Erizia, dove uccise Gerione e il cane
Ortro
[
], si riferisce alla sostituzione
dellalfabeto di Crono con quello di Ercole
Questa
osservazione è del più grande interesse proprio
perché mette in relazione il simbolismo delle
colonne-alberi con il deposito sapienziale
proprio di un ciclo di manifestazione ed
evidenzia come nellepisodio in questione si
sia trattato di spodestare una tradizione ormai
deviata quella che fa appunto
riferimento a Crono per affermare il
primato di Zeus di cui Ercole è propriamente il
campione. Il simbolismo delle colonne di
sapienza che delimitano il succedersi dei
grandi cicli in cui è suddiviso lattuale
manvantara è tuttaltro che estraneo alla
Massoneria; basti pensare al XIII grado del Rito
Scozzese Principe del Real Arco -
dove la leggenda riguarda le due colonne su cui
Enoch avrebbe trascritto il nome
segreto del GADU e la Scienza Sacra dellepoca
antediluviana, allo scopo di tramandarne il
segreto. E
forse questo particolare è da mettere in
relazione con un altro episodio della leggenda di
Ercole in cui viene riferito di come
Hiram,
re di Tiro, dopo aver ricevuto da un oracolo lordine
di fondare una colonia presso le Colonne dErcole,
inviò a tale scopo tre spedizioni verso Cadice.
Le prime due fallirono nella loro missione e, non
riuscendo ad individuare lisola di Erizia,
tornarono in patria. La terza giunse finalmente a
destinazione: venne eretto un tempio ad Ercole sul
promontorio orientale e fu fondata la città di
Cadice su quello occidentale. Non è per questo
improbabile che il simbolismo delle due colonne
presenti in ogni tempio massonico possa
ricollegarsi a questa tradizione, considerando
come ogni simbolo sia suscettibile di plurime
interpretazioni con ordini diversi di
significato, tra loro integrati e complementari.
Un accenno in tal senso è stato originariamente
formulato dal Porciatti, che pone in relazione
diretta i pilastri massonici con quelli
conosciuti
nellantichità come Colonne di Melquart o
di Ercole, quale limite oltre il quale muore lo
spirito umano[48].
Un
ulteriore conferma di come sussista una stretta
connessione tra le imprese di Ercole e laffermazione
di una nuova Tradizione può altresì essere
dedotta dagli avvenimenti successivi alluccisione
di Gerione. Il semidio, infatti, dopo lunghe
peripezie, giunge nella Saturnia Tellus,
dove, alle pendici dellAventino, verrà
accolto da re Evandro, un esule scampato dal
diluvio che aveva devastato lArcadia.
Ercole ucciderà il gigante Caco e, insieme ad
Evandro, innalzerà un altare a Zeus, dopo aver
insegnato alla madre del re, Carmenta, come
sostituire lalfabeto pelasgico
antediluviano con quello latino di
quindici consonanti. Il ruolo che Ercole
interpreta in questa decima avventura sottolinea
a più riprese il carattere civilizzatore delle
sue azioni e la provvidenzialità che le stesse
rivestono in ambito più squisitamente
cosmologico:
Ercole è leroe che permette il recupero di
una Tradizione regolare, raddrizza il corso degli
eventi e sancisce la sconfitta di quelle forze
che, raccolte intorno ai residui psichici di
civiltà ormai morte simbolicamente
rappresentati dalla scienza degenerata e
condensata
nellalfabeto cronideo di tredici consonanti
opprimono luomo, nellanima e
nel corpo. Un
ruolo che, di fatto, viene portato a termine dai
sacerdoti primo tra tutti il
rex
ma che, allinizio, perlomeno in
Occidente, è primariamente avviato e sostenuto
dai guerrieri, i naturali protettori della
casta sacerdotale. Questa operazione di
raddrizzamento
spirituale comporta infatti, come immediata
conseguenza, la restituzione della funzione
sacerdotale a suoi legittimi detentori. In tal
senso va letto simbolicamente il recupero dei
buoi,
ipostasi del sacerdozio e
latu sensu
del sacrum facere; aver sottratto
la mandria a Gerione il gigante che
illegittimamente si riveste di attributi
sacerdotali che per loro natura non possono
spettare ad uno ksathriya degenerato
ed averla condotta da Occidente
dalla Terra della Morte ad Oriente, indica
chiaramente come qui si tratti del recupero di
una funzione spirituale il cui centro viene
ricondotto ad Oriente per essere restituito ai
detentori regolari; rilevante è che, nel corso
del viaggio, alcuni animali verranno sacrificati
a Giove nel Lazio, nella terra destinata ad
accogliere uno dei poli che, prima con i Romani e
poi con il Cristianesimo, sarà chiamato a
perpetuare la regolarità e legittimità
tradizionale nei secoli a venire.
Per
molti versi analogo è linsegnamento
misteriosofico sotteso alla undicesima fatica.
Ercole deve infatti recuperare i pomi doro
affidati alla Grande Madre Era dalla Madre Terra
e custoditi in un giardino posto alle pendici del
monte Atlante, nella terra degli iperborei. Le
Esperidi, figlie di Atlante, avevano provato
invano ad appropriarsi dei frutti dellalbero
miracoloso, dato che Era ne aveva affidata la
custodia al drago Ladone, figlio anchesso
di Tifone e di Echidna. Ricorrendo sia alla forza
sia allastuzia, Ercole riesce ad avere la
meglio sul drago, a raggirare Atlante e ad
impossessarsi finalmente delle mele. Loggetto
del contendere è evidentemente una conoscenza
sacra di origine primordiale, inaccessibile per
la sua stessa natura alle figlie di Atlante,
qui simbolo di quelle forze controiniziatiche
disperse ai quattro angoli delluniverso
dopo la degenerazione ed il cataclisma che pose
fine al continente atlantideo. Ercole,
rappresentante di Zeus posto al servizio di Era,
recupera legittimamente i frutti e quale
signum
di sottomissione al potere sacerdotale - li
consegnerà ad Atena.
L esaltazione di Ercole
Al termine delle sue
fatiche, il corpo morente disteso sullara
ardente, lo spirito di Ercole ormai al
riparo dalla morte - verrà assunto
in cielo dove, dopo aver praticato uno specifico
rito di adozione, sarà formalmente considerato
figlio di Era e di Zeus e presentato
da Atena al convitto dei dodici dei dellOlimpo.
La triade che viene così a formarsi Zeus,
Era ed Ercole pone in relazione la figura
dellEroe con quella dellUomo
universale della tradizione estremo-orientale,
quale figlio del Cielo e della Terra,
mediatore e ponte tra i due poli che
danno origine alla manifestazione stessa. Questo
ruolo centrale per il quale Ercole finisce
con il dimorare nellinvariabile mezzo
fa del semidio al pari di Giano -
la porta di passaggio che dal cosmo
permette la fuoriuscita verso gli stati
superiori; non a caso lAlcide assumerà la
funzione di guardiano della soglia
che immette allOlimpico, a tutela della
porta del cielo che separa luniverso
(il mondo della manifestazione) dai cieli
superiori (gli stati informali della
manifestazione stessa). Questa porta è
simbolicamente identificata con il Sole e ciò
rende ragione delle numerose correlazioni
simboliche che intercorrono tra questultimo
e il semidio. Il nome celtico di Ercole
Ogma Volto di Sole lo mette in relazione
al raggio riflesso dellastro
diurno, quasi a sottolineare come nellEroe
si riflettano le virtù e il principio divino
stesso del Sole. Analogamente, la tradizione
Romana ricorda
come nemmeno Ercole sia estraneo alla
sostanza solare, un concetto simbolicamente
adombrato dalla prima fatica, nel corso della
quale lEroe si riveste della pelle del
Leone, un simbolo ambivalente ma che tra i suoi
complessi significati annovera quello di
raffigurare i raggi solari e di prefigurarne in
qualche modo larrivo. Per Plutarco non cè
alcun dubbio: il mito vuole che Eracle
risieda nel sole
e giri insieme a lui, mentre
Macrobio non fa che sviluppare tale concetto:
In
realtà che Ercole sia il Sole appare chiaro
anche dal nome. Infatti Heraklés che cosè
se non héras Kléos, cioè gloria dellaria?
E cosaltro è la gloria dellaria se
non la luce del sole, con la cui scomparsa si
sprofonda nelle tenebre?
[
] Ercole è
davvero il sole che è in tutto e dappertutto.
[..]
Anche da un fatto avvenuto in altro paese si trae
argomento in appoggio alla tesi. Terone
[
]spinto
dalla pazza brama di conquistare il tempio di
Ercole, allestì
una flotta: gli abitanti di Cadice gli si
pararono contro su navi da guerra; si attaccò
battaglia e quando le sorti erano ancora
indecise, improvvisamente le navi del re si
volsero in fuga e immediatamente furono distrutte
da un repentino incendio. I pochissimi superstiti
fatti prigionieri dichiararono che erano apparsi
loro dei leoni sulle prue delle navi di Cadice
e le loro navi si erano incendiate allimprovviso,
colpite da raggi simili a quelli che sono
raffigurati attorno alla testa del Sole
Giunto a questo
livello, liniziato ha di fatto superato il
dominio dei Piccoli Misteri e potenzialmente è
pronto per accedere ai Grandi Misteri che
permettono di andare al di là della
manifestazione per giungere a conseguire quella
che il sufismo definisce lidentità
suprema, ovvero la ricongiunzione con il
Principio, il cui simbolismo è racchiuso
in
nuce nel rito di esaltazione del Maestro
Muratore dellArco Reale dove, come per
Ercole, è questione di sancire ed
onorare
limmortalità conquistata per mezzo della
virtù.
Ed
è proprio in forza di questa caratteristica che
Romolo, del tutto eccezionalmente, ne volle
introdurre il culto a Roma, pur confinandolo nellambito
della religiosità privata di una confraternita
ristretta a due sole famiglie. Secondo la
leggenda, una volta edificata lAra Maxima, Ercole
avrebbe affidato le cure del servizio religioso
alle famiglie dei Potiti e dei Pinarii, la cui
etimologia greca, sicuramente mutuata dal
linguaggio dei misteri,
designerebbe una
duplice classe di iniziati affamati di
nutrimento di Vita e, rispettivamente,
dediti alla invocazione (rituale). Nel
corso di questi riti
da cui erano
tassativamente escluse le donne venivano
infatti messe in essere operazioni teurgiche
complesse che sarebbero state recuperate più
tardi dal neoplatonismo e, in ultima istanza,
dalla tradizione ermetica rinascimentale.
Alludiamo qui alla telestica, larte di
consacrare e vivificare le statue, in modo tale
da consentire come spiega Proclo trattando
appunto della statua di Eracle laffrancamento
dellanima dai legami che lavviluppano
e la vincolano al mondo delle forme. Lungi dal
costituire un applicazione spicciola di bassa
magia, il rituale in questione è inerente una
particolare forma di invocazione che
si avvaleva di strumenti simbolici come il rombo,
la cui rotazione, in un senso o in un
altro, attiva o respinge ciò che si desidera o
si detesta. Il riferimento alle tecniche
di invocazione teurgica e a maggior ragione la
menzione del rombo il quadrato
oblungo - come strumento rituale,
sono ovviamente tuttaltro che estranee alla
tradizione della massoneria operativa e
costituisce probabilmente solo uno dei tanti
motivi che giustificano la presenza della statua
del semidio allinterno delle Logge
muratorie. Comunque sia, quali che fossero i riti
in questione, resta pur sempre lanomalia
di un culto che, al pari di quello di Minerva,
era riservato ad una cerchia ristretta di
persone, perlomeno fino al 312 a.C., quando, in
seguito allintervento del censore A.
Claudio e per esplicita rinuncia della
gens
Potitia, diventò pubblico e finì con lessere
delegato a schiavi debitamente istruiti. Certo,
tutto questo non dovette essere gradito al dio,
come ricorda Livio nel rilevare che
[
]
ciò fu allorigine di un evento prodigioso
che potrebbe far nascere degli scrupoli in chi
cerca di innovare le pratiche religiose:
[i
membri] della gente Potitia
[
], nel giro di
un anno, vennero ad estinguersi con tutta la loro
prole. Non solo scomparve il nome di questa
famiglia, ma lo stesso censore Appio
[
] fu
accecato dagli dei che non avevano dimenticato il
loro risentimento.
Questa voluta
sottolineatura dellanomalia ingenerata
dalla decisione del censore Claudio è
amplificata dalla narrazione dellannalistica
romana che, a più riprese, rimarca il carattere
riservato della pietas rivolta ad Ercole.
E, come rileva il Dumézil
[
]
quali che ne siano le origini del culto, tutto
cambiò nel 312, e noi vorremmo sapere proprio
perché
e in quali condizioni si produsse un tale
cambiamento
Non sappiamo se e in
quali forme i riti di Ercole si siano tramandati
in forma privata, magari nellambito
di gens o
collegia riservati.
Prendiamo atto di come, in origine, il suo culto,
al pari di quello di Minerva, fosse riservato ad
una cerchia qualificata che lo onorava
quale ipostasi di quelle virtù guerriere che,
nellambito di una iniziazione cavalleresca,
permettono al miste di conquistarsi laccesso
al Paradiso costituito dai cieli sovrasensibili.
In questo senso Ercole è propriamente lipostasi
della Forza volontà virile ed
ignea che diventa potestà,
prefigurazione della volontà iniziatica,
capace di conseguire lobbiettivo nella
misura in cui sa essere linterprete della
volontà del Cielo. Come il Sole qui
inteso metafisicamente come simbolo della Porta
dei Cieli fornisce la scintilla divina che
permette allUomo di ricongiungersi al suo
principio, così Ercole, che del Sole
è il
riflesso, dà agli uomini le
virtù
le forze - che permettono loro di
innalzarsi e rendersi simili agli dei:
[
]
quippe Hercules ea est solis potestas quae
humano generi virtutem ad similitudinem praestat
deorum
Anche
per questo, proprio perché la Massoneria ha
recuperato ciò che resta delle perdute
tradizioni misteriosofiche dellantichità
greco-romana, la statua del semidio, ancora oggi,
adorna et pour cause! -
i
templi dei Liberi Muratori. Resta, infatti, pur
sempre valido lammonimento di Cicerone:
Atque
aut scio an pietate adversus deos sublata, fides
etiam et societas generis humani et una
excellentissima virtus iustitia tollatur
Università La Sapienza, Roma
Siamo debitori per questa efficace espressione
ricapitolativa a Denis Roman (cfr.
Réflexions
dun chrétien sur la Franc-Maçonnerie, LArche
vivante des Symboles, Editions
Traditionnelles, Paris, 1995).
Moramarco ritiene, con manifesto disprezzo, che
le tre statue in questione costituiscano escrescenze
tardive e barocche, per cui non considera
opportuno soffermarsi a lungo su di esse
essendo, peraltro simulacri destinati
[
]
a imminente desuetudine (M. Moramarco,
Nuova
Enciclopedia Massonica , CESAS, Reggio
Emilia, 1989, p. 154). Per fortuna la Massoneria
con i suoi simboli resta, mentre gli
esegeti neoilluministici della stessa, passano
..
A.
Reghini, Considerazioni sul Rituale dellapprendista
libero muratore, Atanor, Roma. Proprietà
letteraria riservata.
A.
Pike, Morals and Dogma, Bastogi, Roma,
1983.
Lantichità
classica conosceva in effetti molte figure di
Ercole, a ciascuna delle quali venivano
attribuite qualità ed avventure affatto
dissimili (fr. Cicerone, De Natura Deorum
, III, 16). Varrone enumera ben 44 distinte
tradizioni riguardanti il semidio (cfr. Servio,
Ad
Aen., VIII, 564).
U.
Gorel Porciatti, Massoneria Azzurra,
Atanor, Roma, 1990, p. 117.
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inf.,
III, 6.
Al
riguardo si veda P. Geay, Mystères et
significations du Temple Maçonnique, Dervy,
Paris, 1997, p. 71 e ssg. (Ed. it.,
Massoneria
e Tradizione, Atanor, 2000).
Lungi dal praticare un rozzo politeismo, che i
moderni avrebbero definito pagano (proprio
cioè del volgo delle campagne), i Romani erano
ben consapevoli dellunicità del Principio
divino (Giove, padre degli Dei) e di come le
diverse ed innumerevoli divinità del loro
pantheon non esprimessero di fatto che attributi
ed emanazioni specifiche del Dio unico: fin
dalle prime fasi
[della storia di Roma] sembra
che alcune forze, qualità o condizioni
siano state onorate come divine dai romani e
fatte oggetto di venerazione, nella speranza di
attrarre il potere intrinseco al loro nome se
benefico o di tenerlo lontano se malefico (D.
Feeney, Letteratura e Religione nellantica
Roma, Salerno Ed., Roma, 1999, p. 125)
Il mito di Ercole presenta numerose affinità e
consonanze con quello di Gilgamesh che il Wirth
annovera tra i miti fondanti propri
della Massoneria (cfr. O. Wirth,
La Massoneria
resa comprensibile ai suoi adepti: il Maestro,
Atanor, Roma, 1990, p. 83).
In realtà Alcmena mette al mondo due gemelli,
Ercole, il secondogenito (cfr. Esiodo,
Lo
scudo di Eracle, I, 35, 56 e 80; Diodoro
Siculo, IV, 10), ed Ificle, sui sarebbero
spettati gli attributi Regali.
Tuttavia, questultimo, stando al racconto
esiodeo, si umilia dinanzi alle richieste di
Euristeo e gli subentra Ercole che ne usurpa
funzioni e prerogative in modo, per così dire,
legittimo. Lepisodio è da
mettere senzaltro in relazione a quello di
un altro iniziato come Giacobbe che, ingannando
lo sciocco Esaù si conquista di
fatto il diritto alla primogenitura (cfr.
Genesi,
27). Peraltro il mitologema inerente la
contrapposizione tra due fratelli gemelli
di cui lesempio meglio noto è proprio
quello di Romolo e Remo è antichissimo e
diffusissimo nellambito delle tradizioni
indoeuropee (cfr. U. Lugli, Miti Velati,
ECIG, Genova, 1996, p. 96 e sgg.; si veda nelle
note allegate lampia bibliografia inerente
il tema in oggetto).
Lostilità
delle streghe qui da
intendersi come prefigurazione di forze tenebrose
apparentate alla controiniziazione
evidenzia bene come la restaurazione religiosa
operata nel nome di Giove venne attivamente
ostacolata nel corso dei secoli che seguirono
immediatamente la caduta della città di Troia e
che uno degli obiettivi principali come
acutamente osserva il Graves fosse
costituito per lappunto da Perseo e dalla
sua casata (cfr. R. Graves, I miti greci,
Longanesi, Milano, 1983, p. 415).
Ercole è propriamente figlio di Giove e come
tale è assimilabile al figlio del cielo.
E ben noto come con tale espressione si usi
designare liniziato.
In origine Ercole era chiamato Palemone e riceverà
il suo vero nome solo nel momento in
cui verrà iniziato al percorso che
lo porterà a conseguire i Piccoli Misteri.
Questo particolare è di estremo interesse poiché
ci conferma che lepopea in questione è
propriamente parte di un pellegrinaggio
iniziatico e, ricordando come liniziazione
sia una seconda nascita è per una
conseguenza logica immediata che
liniziato
riceve un nome nuovo
[che] sarà tanto più vero
quanto più corrisponderà ad una modalità di
ordine più profondo, esprimendo per ciò stesso
qualcosa di più vicino alla vera essenza dellessere
(R. Guénon, Nomi iniziatici e nomi profani
in: Considerazioni sulla via iniziatica,
Luni, Milano, 1993, p. 241 e sgg.).
La sottomissione al Re Euristeo
riveste qui un duplice ordine di significato: da
un lato evoca la necessità di conformarsi allordine
costituito e rappresentato dal potere
temporale il cui fine è propriamente
quello di condurre luomo al paradiso
terrestre (cfr. Dante Alighieri,
De
Monarchia, III, 16; R. Guénon,
Autorità
Spirituale e Potere Temporale , Luni, Milano,
1995, p. 84 e sgg.); dallaltro sottolinea
come lobbedienza costituisca la virtù
indispensabile alliniziato che voglia
effettivamente conformare il proprio volere alla
volontà del cielo.
Circa i racconti mitologici inerenti la figura di
Ercole faremo qui prevalentemente riferimento,
tra gli autori antichi, al testo di Apollodoro (libro
II) e di Diodoro Siculo (libro IV). Vanno altresì
tenuti presenti gli elementi forniti da Esiodo (Teogonia)
e
da Euripide (Eracle).
Melusina è il frutto mostruoso dellunione
contra-naturam
di un demone con una donna. Simbolicamente ciò
esprime la deviazione che inevitabilmente si
accompagna alla divulgazione ed alluso
illegittimo di un sapere sacro. Miti assimilabili
a questo sono presenti nella tradizione antica,
nelle leggende del Medioevo (il nome di Melusina
appartiene alla famiglia del Lusignano, che, non
a caso, ricopre un ruolo particolarmente
tenebroso nella storia di Francia tanto da essere
stigmatizzato da Dante che colloca il capostipite
nellInferno) e sono ferequentemente
descritti nella letteratura coranica.
Tifone, figlio della collera di Era ed
espressione del lato oscuro dellaspetto
sostanziale della manifestazione si
rivolta contro Zeus che lo schianta con un
fulmine sotto lEtna (che ancor oggi viene
considerata una delle bocche dellinferno;
cfr. A. Graf, Artù nellEtna in:
Miti,
leggende e superstizioni del Medioevo ,
Plurima, Roma, 1989, II, p. 177 e sgg.). Tifone
è il più temibile di tutti i mostri nemici
dello spirito
[e] rappresenta la possibilità di
regressione dellessere cosciente; la
sua generazione viene posta in opposizione
diretta alla partenogenesi di Atena
cui Tifone si oppone in linea retta: le
forze violente dellistinto pervertito,
simboleggiato da Tifone, si scatenano contro lideale
di saggezza, simboleggiato da Atena (J.
Chevalier e A. Gheerbrant, Dizionario dei
simboli, Rizzoli, Milano, 1989). Tifone è
così, per antonomasia, lemblema stesso
delle forze che si contrappongono alliniziato
che, per altro verso, prende Atena-Minerva, come
guida.
R.
Guénon, lettera del 22 aprile 1922. Per una
trattazione esaustiva di tale argomento, che
esorbita dal quadro delle presenti note, si veda:
R. Guénon, Sheth, in:
Simboli della
Scienza Sacra, Adelphi, Milano, 1975, p. 127
e sgg.; J. Robin, Les Sociétés Secrèts au
rendez-vous de lApocalypse , G. Trédaniel,
Paris, 1985, p. 34 e sgg. ; J.M. Allemand, ,
René
Guénon et les sept tours du Diable,
G. Trèdaniel,
Paris, 1990. Circa lequivalenza Seth/Tifone
si veda Plutarco che ricorda come gli
egiziani danno a Tifone il nome di Set, che vuol
dire colui che opprime oppure colui
che fa violenza; è lui il demone che
straccia e cancella la sacra scrittura che
la dea
[Iside] poi raccoglie e ricompone
per
trasmetterla agli iniziati (Plutarco,
Iside
e Osiride, Adelphi, Milano, 1985, p. 58 e 101).
Genesi,
6, 1 e ssg.
Macrobio, Saturnalia, I, 20, 8.
Anche nel racconto Plutarcheo, nonostante la
sconfitta subita per mano di Horus, una volta
consegnato in catene ad Iside, questultima
lascia il demone libero: la permanenza del
principio distruttore è infatti necessaria perché
tutto si compia e deve essere
inquadrata nellambito dellescatologia
tradizionale dove le contrapposizioni nellambito
del manifestato durano fintanto che il
mondo duri e possono estinguersi soltanto
passando nellordine metafisico.
J.
Evola, Rivolta contro il Mondo Moderno,
Mediterranee, Roma, 1969, p. 276.
G.
Casalino, Aeternitas Romae, Il Basilisco,
Genova, 1982,
p. 16
Precedentemente alle dodici fatiche, il mito di
Eracle si sofferma sulla violenza da questi
portata alle cinquanta figlie di Tespio
(nella versione di Igino
[fabula
162] si
parla di dodici sacerdotesse, come 12 erano le
vestali) che vengono violate nellarco
di una sola notte: lepisodio fa riferimento
alla presa di possesso di un
santuario custodito da un collegio di
sacerdotesse al servizio della dea Luna ed al
recupero di funzioni sacerdotali da queste
illegittimamente detenute. Lo stesso nome di
Tespio sembra qui essere una corruzione
mascolinizzata della dea thea Hestia
la Vesta greca alle cui
sacerdotesse, così come alle vestali, non veniva
riconosciuto alcun ruolo attivo nellambito
del relativo culto la cui direzione doveva
appunto essere affidata ad un sacerdote di sesso
maschile. E probabile che lintervento
di Ercole sia stato motivato dalla necessità di
ricondurre la pratica delle cerimonie sacre alla
originaria regolarità, stroncando le
degenerazioni a cui aveva dato luogo (cfr. R.
Graves, Op. cit., p. 421, n. 1).
R.
Graves, Op. cit., p. 453, n. 5)
G.
Casalino, Op. cit., p. 21.
Apollodoro, II,5,3.
Micene riveste nel mito il significato di città
inespugnabile, sede della tradizione ellenica
primeva.
Il fatto che gli zoccoli fossero di un metallo
tanto nobile quanto il bronzo,
suggerisce non solo lidea di perennità, ma
altresì il carattere sacro di una conoscenza che
di per sé la isola dal mondo
profano, così come la cerva è isolata dal
diretto contatto con la terra dal bronzo delle
estremità.
La caccia alla cerva è presente anche nei
racconti del Graal. La relazione tra lanimale
e la tradizione Iperborea è qui adombrata dal
colore bianco dellanimale che deve essere
conquistato da Parsifal e da chiunque aspiri
accedere allonore della Tavola Rotonda.
E
alquanto significativo che, catturata la cerva,
Ercole si trovi il passo sbarrato da Artemide (Diana)
ed Apollo. La prima va qui intesa come ipostasi
della Luna e il secondo del Sole, le due stazioni
che presiedono rispettivamente alle Porte degli
Uomini e, rispettivamente, degli Dei (Pitri
e
Deva-Jana). E altresì noto che
entrambe sono raffigurate in Giano e di come
diano accesso a due distinte modalità di
fuoriuscita dal presente grado di esistenza. Nel
caso di Ercole, è propriamente Artemide che
prima si frappone e quindi facilita il passaggio
dellEroe, ritenendo valida la spiegazione
che Egli adduce a giustificazione della cattura
dellanimale. Di fatto, liniziato che
abbia legittimamente conseguito la
sapienza iniziatica inerente i Piccoli Misteri,
riesce a superare la sfera della Luna (Artemide)
per accedere quindi a quella del Sole (Apollo)
che immette nel primo cielo, retto da Giove, linvariabile
mezzo della Tradizione estremo-orientale, da cui
potrà procedere verso gli stati non-manifestati
e giungere così, dal Paradiso Terrestre, a
quello Celeste.
R.
Guénon, Il Cinghiale e lOrsa in:
Simboli
della Scienza Sacra, Adelphi, Milano, 1975, p.
146 e ssg.
Areteo, Deipnosophistarum , IX, 13.
Apollonio Rodio, I, 122 e ssg.; cfr. R. Graves,
Op. cit. , p. 438 e ssg.
R.
Graves, Op. cit. , p. 440 e ssg.
(si
veda la bibliografia annessa ai paragrafi
inerenti il mito eracleo).
Il mito parla di un non ben specificato
impedimento legato al fatto che Ercole fosse
considerato straniero: non si sa se rispetto ai
Greci o ai soli Ateniesi cui, in origine, sembra
fossero riservati i riti eleusini. Probabilmente
lostacolo è qui rappresentato da un
difetto di qualificazione inerente la condizione
guerriera del personaggio, tanto che Eumolpo,
supposto fondatore dei Grandi
Misteri, pur non consentendo al semidio di
accedere a questi ultimi, istituì in suo onore i
piccoli misteri per
consentirgli
comunque una valida forma di iniziazione. Va
ricordato che Eumolpo è anche il maestro che
avvia Ercole allo studio delle arti liberali (astronomia,
musica, geometria, letteratura) e lo educa fino
al compimento del diciottesimo anno detà..
Il viaggio iniziatico si svolge nellambito
dei tre domini della manifestazione
corporeo, psichico e spirituale
corrispondenti alla Terra, allAtmosfera ed
al Cielo del Tribhuvana indù. I primi due
mondi sono conseguiti prima di quellascensione
che avverrà dopo che il fuoco avrà consumato il
corpo perituro dellEroe, permettendogli così
di conquistare il cielo dellOlimpo.
Ercole viene spesso raffigurato con una coppa o
scyphus
(Macrobio, Sat., V, 21,16), spesso
barcollante come ubriaco. La coppa è
qui il vascello che consente allEroe
di superare le acque e deve essere
messa in relazione alla conoscenza metafisica che
consente di sfuggire alle tenebre
delle acque inferiori (il mondo della
manifestazione. Nel corso dei riti romani
devoluti allEroe tale aspetto viene
rievocato come ci ricorda Virgilio Et
sacer implevit dextram scyphus (Aen.,
VIII, 278). Il simbolismo complesso della coppa
è ovviamente da mettere in relazione al
Graal,
in quanto oggetto disceso dal
Cielo (la coppa in questione è in effetti
fornita da Elio) e, probabilmente con uno degli
aspetti più oscuri del simbolismo massonico e
templare; di questi ultimi era infatti famoso il
detto: bere come un templare; mentre,
dei secondi, unantica canzone del 700
sottolinea e a giusta ragione che
la tazza, la cetera/ se impugna la mano/ un
Nume sovrano mi sento nel cor dato che
farem dei nostri cuori/ i segreti così
ascosi/ che neppur sia noto a quelli/
come
bevono i fratelli, affinché riporti
la vittoria/ il saggio bevitor (cfr.
Canzonette
e Poesia del 700, a cura di R. di
Castiglione, Atanor, Roma, 1990).
Giona,
1,3. Tarsis è in questo contesto espressione
delle terre della morte, luogo dove
Dio non può giungere, collocato agli estremi
limiti del mondo conosciuto. La città sarà
colonizzata dai Fenici e quindi dai Carteginesi
che ne faranno una roccaforte pressocché
inespugnabile. E probabile che abbia per
questo svolto un ruolo molto speciale
relativamente alla possibilità di diffondere
influenze di carattere non propriamente benefico
e questo spiega laccanimento dimostrato dai
Romani nellimpossessarsene, vanificando le
mire controiniziatiche di Annibale (Anni-baal:
colui che è condotto da Baal) e impedendo che lespansione
fenicia si estendesse al di là delle colonne dErcole.
Su questo complesso tema lamentiamo la scarsità
di documentazione, anche se un accenno
interessante si trova in J.M. Allemand, Op.
cit. , p. 63 e ssg.
La Tradizione celtica riferisce di come Cuchulain
disceso allInferno, ne fuoriuscì
riportando tre mucche ed un magico calderone,
nonostante le tempeste scatenate dallostilità
degli dei (cfr. J.-P. Bourre, La Quête du
Graal, Dervy, Paris, 1993). Il racconto in
questione è solo apparentemente sovrapponibile a
quello di Ercole: Cuchulain si impossessa di
mucche (e non di buoi) e di un calderone magico,
contro
il volere degli dei; Ercole riceve il calderone (la
coppa) dal dio Sole (Elio) e si impossessa dei
buoi in modo legittimo, sconfiggendo le potenze
tenebrose incarnate dai figli della
controiniziazione in piena sintonia con la
volontà del Cielo.
Plinio, Storia Naturale, III, Proemio;
Strabone, Geografia, III, 5,5.
Il nome celtico mette direttamente in relazione
Ercole al raggio riflesso del Sole,
quasi a sottolineare come nellEroe si
riflettano le virtù e il principio divino stesso
del Sole. Un concetto analogo viene espresso da
Macrobio, che ci ricorda come nemmeno
Ercole è estraneo alla sostanza solare (Saturnalia,
I,20,6). Circa le fonti celtiche si veda Luciano,
Eracle , I; il tema di Ogma volto di
sole viene diffusamente trattato da un
antico poema gallese il Marwnad Ercwlf,
incluso nel Red Book of Hergest. Si veda
altresì di R. Graves, La Dea Bianca,
Adelphi,
Milano, 1990.
R.
Graves, Op. cit., p. 465, n. 3.
M.
Bizzarri, Mito e Simboli della Cerca del Graal
in Massoneria , Massoneria Oggi, Feb. 1997.
Anche nellambito della Tradizione Romana,
la fondazione di un tempio ad Ercole sembra
segnare lavvenuto passaggio da
un tradizione di tipo atlantideo al periodo della
restauratio
di Zeus e precede
cronologicamente lerezione di qualunque
altro edificio consacrato.
U.
Gorel Porciatti, Op. cit., p. 58.
Per questo motivo Ercole verrà onorato insieme
alle Muse come apportatore di quelle arti che
consentono di ricostruire una cultura ed una
civiltà (cfr. Plutarco, Questioni Romane,
59; Servio, Ad Aen, VIII, 130 e 336;
Igino, Fabula, 277).
Caco è un gigante tricefalo, figlio di Efesto e
Medusa, divoratore di uomini : il suo antro è
scavato in una grotta ai piedi dellAventino,
il colle dove i Romani avrebbero confinato
successivamente le entità minacciose,
come Diana.
Non altrimenti va letto il mito di fondazione di
Roma, il cui primum movens va ricondotto
alle peregrinazioni del ver sacrum guidate
e sorrette da Marte, simbolo per eccellenza della
via eroica al sacro.
Nella tradizione Indù tale ruolo è assolto
direttamente da Indra, il dio dello
Swarga
(il cielo inferiore, assimilabile
sotto molti aspetti al Giove greco-romano, che
sconfigge Vala per sottrargli una mandria
di vacche. In questo caso il simbolismo sotteso
alle due narrazioni, pur non essendo totalmente
sovrapponibile, presenta aspetti comuni di grande
rilievo.
Sotto questo aspetto Ercole fonda
Roma prima ancora di Romolo, ponendone le
premesse sacre ed indicandone il ruolo che lUrbe
sarà chiamata svolgere. Non è un caso che
Romolo istituì, tra i primi il tempio di Ercole,
la cui statua viene annoverata da Cicerone tra i
Penati della Patria e che il richiamo alla figura
ed alle gesta dellEroe, costituisce quasi
una categoria concettuale comune a tutto il
pensiero romano.
Invero questo è un aspetto che meriterebbe una
più attenta sottolineatura. Minerva, espressione
della saggezza di Giove, assomma in sé aspetti
ricapitolativi di tutte e tre le funzioni
indoeuropee (sacerdotale, guerriera e artigianale),
ma è soprattutto la dea delle confraternite
iniziatiche tra cui i collegia romani
che le tributano un culto esclusivo e
riservato. E probabile che la conoscenza
sacra che Ercole recupera nel corso della sua
avventura venga affidata per lappunto al
depositario di una specifica forma di iniziazione
misterica.
Macrobio, Saturnalia, I,20,6.
Plutarco, Iside e Osiride, Adelphi,
Milano, 1985, p. 101.
Il Tempio in questione è per lappunto
quello fondato dal re di Tiro e ricordato anche
da Pomponio Mela (3,6,3). Considerando limportanza
di tale insediamento, posta a custodia delle
colonne dErcole, lepisodio qui
narrato da Macrobio assume un significato
specialissimo e tuttaltro che accessorio,
prefigurando i tentativi di abbattere
le colonne che solo nel futuro sarebbero stati
coronati da successo. Lepisodio di Terone,
sia rilevato di sfuggita, ci ricorda altresì
come da sempre forze tenebrose abbiano provato ad
impossessarsi del santuario eracleo; ma è
soltanto con limpresa di Colombo che le
colonne verranno di fatto abbattute con tutte le
conseguenze che ben conosciamo.
Macrobio, Saturnalia, I,20, 10 e sgg.
Ricordiamo altresì che la festa del dio veniva
celebrata il 12 agosto allinsegna di Hercules
Invictus, unaggettivazione peraltro
riservata al Sole e che come tale sarà poi
ripresa nel culto omonimo (Sol Invictus),
trasposta in corrispondenza del solstizio
invernale e messa infine in relazione con il
Cristo il Leone della tribù di
Davide -
che, al pari di Ercole, da
uomo torna ad essere dio. Tali accostamenti
simbolici, per quanto necessitino di una più
approfondita riflessione, sono indubbiamente di
per sé più che significativi per chiunque abbia
una sia pur minima cognizione delle relazioni che
sussistano, a livello simbolico, tra le diverse
tradizioni regolari.
La leggenda assegna ad Ercole due luoghi
sanctissimi
tra tutti: la zona dellAra Maxima, davanti
al Palatino e quella di Porta Trigemina, alle
pendici dellAventino, dove sorgeva il
Templum
Herculis Victoris (Tacito,
Annali, 12,24)
J.
Carcopino, Aspects mystiques de la Rome païenne,
1941, p. 176 e ssg. Un suggerimento analogo
sarebbe stato avanzato dal Bayet (Les origines
de lHercule Romain, 1926, p. 263 e ssg.),
ripreso anche se senza convinzione da Dumézil (Op.
cit., p. 420 e sgg.). E probabile che
le due famiglie ricoprissero incarichi distinti:
la prima i Potiti deteneva i
segreti del rito, mentre i Pinari erano custodi
del culto e del Tempio. Così può forse
spiegarsi la leggenda per la quale i secondi
venivano privati del privilegio di cibarsi degli
exta delle vittime e dovessero recarsi al
banchetto solo per servire
[..] quindi son
chiamati custodi del rito in quanto servitori
(cfr. Veranio, cit. in Macrobio,
Saturnalia,
III,6, 14). Come noto, anche la Massoneria
conosce distinzioni di grado iniziatico per le
quali spetta ai fratelli serventi
gli apprendisti -
la cura dellagape
e la custodia delle suppellettili.
Proclo, Im Remp., I, 120, 12 e sgg.; cfr.
altresì
In Tim., III, 300, 13 e sgg.
S.
Eitrem, La théurgie chez les néoplatoniciens
et dans le papyrus magiques, in:
Symbolae
Osloenses, 1942, 22, p. 73.
Il rito veniva officiato secondo le consuetudini
greche (grecu ritu) che comportavano per lofficiante
di celebrare la cerimonia il capo scoperto e una
corona di lauro sulla fronte. Ad Ercole
ipostasi stessa del sacrum facere -
venivano consacrati diversi tipi di animali e
devoluta la decima parte di quanto è stato
salvato o acquisito. Il carattere manifestamente
ellenico della cerimonia non inficia tuttavia la
possibilità che esista una tradizione
schiettamente italica della figura di Ercole,
come suggerito da alcuni autori e in primo luogo
da Varrone che (De Lingua Latina, V, 5,66)
che lo mette in relazione con il sabino
Sancus
e, seppure tale accostamento ci risulti
francamente problematico, con la figura di
Dies
Fidius.
T.
Livio, Ab Urbe condita libri, IX, 29. Come
ben noto la cecità acquisita costituisce spesso
un segno di disqualificazione iniziatica e come
il marchio di una grave violazione dellordine
costituito. Lepisodio ha curiosamente
intrigato la sensibilità di artisti che, come
Cesare Maccari, lhanno riprodotto su tela (cfr.
il dipinto esposto a Palazzo Madama:
Appio
Claudio cieco portato alla Curia).
G.
Dumézil, Op. cit., p. 421.
Macrobio, Saturnalia, I, 20,6.
E peraltro so che, una volta soppressa la
devozione (pietas) verso gli dei, vengono
estirpate anche la fedeltà e la civile
convivenza del genere umano e la stessa
giustizia, virtù per eccellenza (Cicerone,
Op. cit.,
I, 4).
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